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Coronavirus: frena il passaggio all’elettrico, possibile allentamento dei limiti UE

La filiera automotive sta subendo pesantemente le ripercussoni della pandemia Covid-19. Con i concessionari chiusi e le catene di produzione bloccate, il mercato dell’auto si è di fatto fermato, e questo ovviamente impone un “ripensamento” generale per il dopo-emergenza. Anche gli investimenti nell’elettrico sostenuti dai Costruttori sembrano destinati a rallentare, imponendo all’UE una possibile revisione dei limiti sulle emissioni di CO2 a fronte dello sconquasso derivato dalla pandemia. Tra i possibile scenari c’è anche un processo di de-globalizzazione in cui si ipotizzano singole macro-aree  in grado di dare continuità a tutto il ciclo produttivo.

Come spiega al Corriere della Sera Giorgio Barbieri, partner Deloitte e responsabile italiano del settore automotive, «l’impatto dell’emergenza COVID-19 sulla filiera automobilistica si è limitato inizialmente agli stabilimenti cinesi e all’export di componentistica, destinato soprattutto ai produttori coreani e giapponesi, per poi ampliarsi rapidamente generando uno shock manifatturiero su larga scala che ha invaso anche i Paesi occidentali. A livello globale, si prevede per quest’anno un crollo della produzione di veicoli leggeri pari a circa 11 milioni di unità, dagli 88,9 milioni del 2019 ai 77,9 milioni per l’anno in corso”.

Barbieri, riferendosi all’effetto domino generato dal lockdown dei vari Paesi, afferma che «questo effetto è a sua volta accentuato dall’adozione di strategie “just-in-time” volte ad incrementare l’efficienza operativa comprimendo il più possibile le scorte di magazzino. Vi è poi la constatazione che, a fronte di rischi improvvisi e imprevisti, la rimodulazione del portafoglio fornitori verso altre aree geografiche risulta non solo particolarmente complessa (da un punto di vista contrattuale e normativo) ma anche oltremodo onerosa in termini di switching-costs. Occorre infine considerare il fatto che determinate aree geografiche fungono da “hub” o nodo chiave per le transazioni all’interno del network. Il loro “lockdown” può quindi causare impatti significativi anche in altre regioni non direttamente colpite dall’emergenza, ad esempio rallentando i flussi logistici, limitando gli spostamenti internazionali, allungando le tempistiche e incrementando fortemente i costi di approvvigionamento».

Anche la spinta all’elettrico è ovviamente destinata a rallentare fortemente, considerando anche che la Cina è il principale produttore di batterie al mondo con una quota superiore 50% e un netto distacco su Stati Uniti (7%) ed Europa (2%). Secondo Barbieri «anche per i veicoli elettrici le stime relative al 2020 saranno decisamente diverse rispetto a quanto previsto fino a pochi mesi fa, con una maggiore incertezza sulle tempistiche di trasformazione del settore della mobilità. Verosimilmente, l’effetto si rifletterà anche sul lancio dei nuovi modelli elettrici previsti per quest’anno, a causa del rinvio o dell’annullamento di molti eventi di punta. Questo, a sua volta, porterà ad un progressivo slittamento dei modelli successivi e dei relativi investimenti.

In questo quadro estremamente critico, le limitazioni previste dall’UE appiaono quindi difficilmente raggiungibili per i Costruttori nei tempi stabiliti dall’ Europa. “È dunque ragionevole prevedere che, alla luce del peso del settore Automotive sull’economia e degli sforzi finanziari già messi in campo dalla BCE per sostenerla, i vincoli ambientali saranno inevitabilmente allentati per poter rimettere in moto la macchina industriale. Fra le possibili soluzioni ipotizzabili, vi è lo slittamento temporale dei target di almeno uno o due anni, che consentirebbe alle imprese di ritrovare l’ossigeno di cui hanno bisogno per ripartire su basi nuove», afferma Barbieri