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Nuovo record nel 2017 per il carico fiscale sulla motorizzazione in Italia

La percentuale sul gettito complessivo si mantiene stabile al 16%, mentre la percentuale sul PIL è del 4,3%, contro una media europea del 3% circa. Anche nel progressivo 2018, in base ai dati disponibili, la fiscalità automotive italiana continua a salire

Il carico fiscale complessivo gravante sulla motorizzazione italiana è nuovamente cresciuto nel 2017, raggiungendo i 74,4 miliardi di Euro, con un incremento del 2% rispetto all’anno precedente.

A fronte di un incremento dell’1,9% del totale delle entrate tributarie nazionali rispetto al 2016 – dinamica che riflette l’andamento positivo delle imposte indirette (+4,2%), basate sui consumi, mentre le imposte dirette risultano in linea con il 2016 – la quota percentuale del gettito proveniente dal settore automotive sul gettito complessivo calcolato secondo il criterio di cassa, si mantiene stabile al 16%, come già nel 2015 e nel 2016.

Segna un nuovo record il prelievo fiscale derivante dal nostro settore nel 2017 – terzo anno consecutivo di effettiva ripresa del mercato auto, seppur con un rallentamento dei ritmi di crescita – arrivando a 74,4 miliardi di Euro commenta Aurelio Nervo, Presidente di ANFIA. Gli introiti derivanti dall’acquisto degli autoveicoli – IVA e IPT – risultano rispettivamente in crescita del 6,2% e del 6,3%.

La percentuale del gettito fiscale derivante dal comparto sul PIL risulta del 4,3%, la più alta tra i maggiori Paesi europei, visto che la media si aggira attorno al 3%.

Il gettito derivante dall’acquisto e dal possesso dell’autoveicolo cresce rispettivamente del 6,2% e del 4%, per un ammontare di 9,4 miliardi per il primo e 6,8 miliardi per il secondo. E’ il gettito derivante dall’utilizzo dell’autoveicolo, tuttavia, a rappresentare, come di consueto, la voce più rilevante, pari al 78,2% del gettito complessivo proveniente dal comparto, per un valore di 58,2 miliardi di Euro, in aumento dell’1,1% rispetto al 2016.

Proprio in riferimento al contributo fiscale in fase di utilizzo dell’autoveicolo, teniamo a sottolineare – prosegue Nervo – che un’eventuale modifica dell’attuale assetto delle accise sui carburanti, produrrebbe effetti negativi, poiché rischierebbe di incentivare la diffusione di tecnologie meno performanti sul fronte della riduzione delle emissioni di CO2, oggetto di una severa regolamentazione europea.

L’attuale definizione delle aliquote delle accise, infatti, compensando il maggior costo di alcune tecnologie, ha consentito, finora, un’adeguata diffusione delle alimentazioni più virtuose in termini di riduzione dei gas climalteranti, come il diesel.

Un’eventuale rimodulazione delle accise tra i carburanti tradizionali, provocando uno spostamento delle vendite verso le tecnologie meno performanti per le emissioni di CO2, penalizzerebbe, in particolare, i nuovi Diesel Euro 6, che presentano minori emissioni di CO2 dal 15% al 20% a seconda dei modelli, oltre a emissioni inquinanti ormai minime – secondo gli ultimi test su strada riferiti a vetture Euro 6d-TEMP, le emissioni di NOx sono inferiori dell’85% rispetto alle Euro 5.

Inoltre, eventuali aumenti delle aliquote di accisa riferibili a copertura di misure pregresse o di situazioni straordinarie, innescherebbero un aumento dei costi del trasporto destinato a scaricarsi immediatamente sugli utenti della strada, con particolare riferimento a quelle categorie per le quali il trasporto è una professione.

Guardando al mercato dei veicoli commerciali, che utilizzano principalmente l’alimentazione diesel, un eventuale aumento dell’accisa avrebbe un impatto negativo su beni che sono da considerarsi veri e propri strumenti di lavoro. Inoltre, un impatto negativo si avrebbe anche sul mercato dell’usato, a causa di una perdita del valore residuo dei veicoli.

Nell’analisi della ripartizione del prelievo calcolata sui diversi momenti impositivi del “ciclo di vita contributivo” degli autoveicoli, dopo la quota di tassazione derivante dall’utilizzo dell’autoveicolo nel corso dell’anno, di cui si è già detto, si mantiene al secondo posto la quota di contribuzione al momento dell’acquisto dell’autoveicolo (versamento IVA e IPT), pari al 12,6%, per un totale di 9,4 miliardi di Euro. Questa voce è cresciuta del 6,2% rispetto al 2016 (quando risultava già in crescita del 14,5%), per via dell’incremento delle immatricolazioni di vetture nuove che registrano il terzo anno consecutivo di crescita, sebbene a ritmo più contenuto: il mercato delle autovetture ha chiuso il 2017 a +8% rispetto ai volumi del 2016.

Infine, il possesso dell’autoveicolo detiene una quota del 9,1%: 6,8 miliardi di Euro derivanti dalla tassa di possesso – il “bollo auto” – con un aumento del 4% (circa 260 milioni di Euro in più) rispetto al 2016. Questa tendenza potrebbe derivare, oltre che dalla crescita del parco circolante degli autoveicoli (+1,7% nel 2017), dalla messa in atto di maggiori controlli per ridimensionare il fenomeno dell’evasione di questa tassa. A questo proposito, ricordiamo che, a partire dal 1°gennaio 2017, la Regione Lombardia ha introdotto la possibilità di pagare il bollo mediante addebito in conto corrente con RID, ottenendo uno sconto del 10% sul totale dovuto. Nella Legge di Stabilità 2018 è stata introdotta la possibilità di estendere a tutte le regioni la facoltà di applicare lo sconto sul bollo suto se il pagamento viene effettuato mediante domiciliazione bancaria.

Ulteriori dettagli nell’allegato qui sotto