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Stop motore termico: i dubbi degli automobilisti

Gli automobilisti non rinunciano al motore termico e pongono dubbi su tempi, costi, tecnologia, impatto ambientale ed effetti sul mercato

Anche il Consiglio dei Ministri dell’Ambiente dei Paesi UE nella notte ha trovato l’accordo dando il via libera al blocco delle vendite di auto nuove a benzina e diesel dal 2035. La misura fa parte dell’ambizioso piano di azione contro il cambiamento climatico Fit for 55  (che prevede di conseguire la neutralità climatica entro il 2050) e ha visto istituzioni, associazioni e produttori dividersi tra chi pensa che è l’unico modo per ridurre le emissioni di gas serra e chi invece afferma di non essere pronti, che non si otterranno effetti positivi sull’ambiente e che, anzi, “demolirà” l’intera filiera automotive italiana. In tutto questo, cosa ne pensano gli automobilisti? Una risposta arriva dalla ricerca del Centro Studi di AutoScout24 [2], il più grande marketplace automotive online pan europeo, che ha coinvolto gli utenti per capire cosa ne pensano della riforma e se essa avrà un impatto sul mercato e sugli acquisti attuali e futuri.

Sicuramente la proposta ha avuto un’eco mediatica importante, tanto che ben il 96% del campione dichiara di averla seguita molto bene (54%) o almeno superficialmente (42%). Ma il giudizio non è positivo, anzi, quasi sette utenti su dieci valutano la misura negativamente, con i motori tradizionali che si confermano allo stato attuale “insostituibili”.

Quali sono le motivazioni? Riguardano principalmente i tempi, i costi, la tecnologia, l’impatto ambientale e il mercato.

Partiamo dai tempi. Per quasi otto utenti su dieci, il 2035 è una data troppo ravvicinata per un cambiamento così epocale, un parere in linea con i Paesi che chiedono di posticiparne lo stop al 2040.

Sul fronte dei costi, per la maggior parte (90%), il prezzo delle auto elettriche è troppo alto e distante dal budget medio a disposizione degli utenti per l’acquisto di un’auto (circa €24.600) dichiarato dai rispondenti in occasione della ricerca.

Ma la vera barriera è di tipo tecnologico e pochi credono che fra 13 anni ci sarà una vera “rivoluzione” su questo fronte. Secondo gli utenti (86%), infatti, il livello tecnologico non è ancora adeguato in termini di batterie e autonomia, senza contare la carenza dell’infrastruttura italiana delle colonnine di ricarica indicata da ben l’83% del campione. Una fotografia che poco si adatta alle abitudini degli automobilisti, dato che l’83% usa l’auto almeno cinque giorni a settimana, oltre quattro su dieci percorrono in media più di 20mila km l’anno e molti per spostamenti lunghi.

Poi c’è anche un aspetto ambientale. Solo pochi sostengono, considerando tutto il ciclo di vita del prodotto, che le auto elettriche siano veramente green (7%) e che la misura servirà realmente a ridurre le emissioni e l’impatto ambientale (19%). Inoltre, gli intervistati pensano che avremo il problema di come smaltire le batterie (84%). Al contrario, i favorevoli pensano che solo con interventi decisi si potrà promuovere il passaggio verso una mobilità più green, ma per il momento rappresentano la netta minoranza.

Al di là delle scelte personali, bisogna anche considerare l’impatto che la misura avrà sul mercato e sulle abitudini di acquisto. Negli ultimi anni la sensibilità degli italiani per le vetture ibride ed elettriche è cresciuta di molto, come confermano nei primi cinque mesi dell’anno sia i dati delle vendite di auto nuove (41,5% sul totale) sia l’incremento del +31% delle richieste di auto ibride ed elettriche da parte degli utenti di AutoScout24. Ma questo riguarda principalmente le auto ibride.

Se si considera l’elettrico puro (BEV), invece, le vendite oggi rappresentano solo il 3,9% sul totale di auto nuove (UNRAE, maggio 2022), un dato cresciuto appena dello 0,2% rispetto a un anno fa nonostante gli incentivi. Anche guardando alle intenzioni di acquisto per il 2022, la maggior parte degli italiani (86%) preferisce ancora i motori diesel e benzina, con due terzi di questi che non sono disposti a passare all’elettrico anche se adeguatamente incentivati.

Per questo la riforma, in questa fase, non sta influenzando la scelta dell’alimentazione e solo il 14% pensa che lo farà in futuro. Piuttosto, se dovessero bloccare la produzione di alimentazioni tradizionali, gli utenti non rinuncerebbero alle auto tradizionali e si orienterebbero sul mercato dell’usato, segmento non colpito dalla riforma e che continuerà anche dopo il 2035 a offrire vetture di qualità con motori benzina e diesel di nuova generazione a prezzi più accessibili.

“La possibile vendita di auto solo elettriche è una rivoluzione importante e come tale non può che far parte di un processo graduale – afferma Sergio Lanfranchi, Centro Studi AutoScout24 – Le ricerche di auto elettriche sul portale da parte dei nostri utenti sono aumentate nei primi sei mesi dell’anno del +41% e crediamo che continueranno a crescere costantemente anche nei prossimi mesi. Tuttavia, i numeri emersi dallo studio evidenziano un atteggiamento attendista e volto alla preferenza attuale di auto con motori benzina e diesel, mezzi perfettamente adeguati alle esigenze di una platea più ampia di italiani. Per favorire una transizione così epocale bisogna prima eliminare le principali barriere che limitano lo sviluppo dell’elettrico in Italia, rendendo questa alimentazione adeguata alle diverse abitudini di mobilità degli automobilisti, come ad esempio per chi utilizza l’auto per lavoro o per viaggiare.”

Ma gli effetti della proposta, sempre secondo gli utenti, potrebbero colpire a livello più “alto”, anche se si tratta di valutazioni che richiederebbero una conoscenza approfondita del mercato nazionale e internazionale, per cui il dato andrebbe considerato con le dovute attenzioni. Per quasi otto utenti su dieci (76%), infatti, la riforma potrebbe “demolire” l’intera filiera italiana dell’automotive, che coinvolge non solo l’industria dell’auto ma anche tutta la subfornitura legata alla componentistica. Inoltre, oltre sette su dieci sono d’accordo sul fatto che sia un “regalo” ai paesi extraeuropei che dispongono di risorse maggiori in merito alle materie prime e una tecnologia più avanzata per produrre le batterie.