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Plinio Vanini, Presidente Gruppo Autotorino, e l’emergenza Coronavirus

Plinio Vanini, valtellinese, nel 1985 inizia la sua avventura personale nell'automotive, raccogliendo il testimone dal padre Arrigo. Da un salone con officina al più importante Gruppo del settore vendita e assistenza auto. Oggi si trova come tutti ad affrontare questa emergenza con oltre 1700 dipendenti e più di 50 cooncessionarie. E' preoccupato, ma ha anche le idee chiare per il dopo. Sarà ascoltato?

Voi siete stati tra i pochi, a tutti i livelli, a intuire il grado di emergenza già lo scorso febbraio. Avete messo subito in atto delle strategie per restare operativi salvaguardando clienti e dipendenti. Me le riassume?

<< Io sono nato in Valtellina, sono cresciuto in campagna e ancora oggi sono un allevatore. Basta osservare la natura per intuire come si sviluppano i contagi sui capi, come sulle popolazioni: alle prime avvisaglie occorre separare i soggetti, isolarli. Se non si agisce così, la contaminazione è generale e il successivo decorso è più lungo. Quando a fine gennaio si sono diffusero le prime notizie ho capito subito che senza opportune misure sarebbe scoppiata una pandemia. Poi sono arrivate le conferme: dalla zona di Lodi e Cremona, dapprima, quindi in più parti della Lombardia, dove insiste la maggior parte della nostra attività, si allargavano i casi nelle comunità locali. Ho così deciso di mettere in atto una strategia per garantire la massima sicurezza per i miei collaboratori e per i clienti: abbiamo lanciato la possibilità di visitare le concessionarie, dialogare con i venditori e fare i preventivi tutto on line grazie ai canali digitali. Poi le cose sono peggiorate e ho preso la decisione di chiudere tutto, in anticipo sui decreti, per il bene delle persone.>>

Poi il lock down, tutto fermo. Voi siete una vera industria per fatturato, dipendenti e immobili. Quanto è possibile resistere in questa situazione?

<<Si il lock down è stato inevitabile e ora è tutto fermo. Siamo passati da 100 a 0 in una notte. Resistere è importante, ma siamo già al limite delle possibilità. Dal mio gruppo dipendono 1700 famiglie e poi c’è tutto l’indotto. Ora useremo la cassa integrazione con grandi sacrifici di tutti. Tutti i dispositivi finanziari interni che potevo usare sono stati spremuti. La situazione è critica per tutto il settore. Serve un aiuto dello Stato, ora, e nei prossimi mesi che recepisca e superi la terapia di “pronto intervento”, in termini strutturali e di rilancio. Abbiamo chiesto il pronto soccorso della cassa integrazione ed è arrivata, ma bisogna iniziare a pensare ad azioni importanti e condivise per rimettere in moto un modello di business. In particolare, occorre garantire sostegno alla mancanza di liquidità dell’impresa, determinata dal calo del fatturato; inoltre la gestione degli stock di autoveicoli e parti di ricambio crea un rilevante immobilizzo patrimoniale che pone necessità finanziarie.L’attività di concessionari per la vendita e riparazione di autoveicoli e motoveicoli, in ragione dell’elevato valore dei singoli beni ricade totalmente fra le imprese con un fatturato superiore ai 2 milioni di euro e non gode delle agevolazioni di differimento dei pagamenti alla Pubblica Amministrazione: una prima richiesta, sostenuta attraverso Federauto, è che, in sede di conversione in legge del decreto, sia inserito un esplicito richiamo a tale attività, nel limite di € 100 milioni. Inoltre la compensazione orizzontale dei crediti Iva, sia nei confronti dell’Erario che per la parte contributiva, sarebbe un importante supporto alla liquidità delle imprese. Oggi il limite è di € 700.000 annui: si è così chiesto di allargare il limite trasformandolo in mensile. Il decreto è lacunoso nel trattare il caso che riguarda la situazione di dilazione dello stock. Chiediamo chiarimenti a riguardo e l’estensione di quanto previsto dal decreto sul tema anche alle imprese con patrimonio netto inferiore a € 100 milioni. Fino all’esplosione della pandemia le concessionarie e in generale il settore automotive sono stati il bancomat dello Stato. Quando servivano dei soldi venivano a prelevare in questo settore senza pensare agli effetti a lungo termine. Così si è arrivati alla pandemia con una situazione d’imposizione e di pressione fiscale e tributaria sul settore già al limite e questo ci mette davvero in ginocchio per la ripartenza. Ora il banco è vuoto e lo Stato non può pensare di abbandonarlo così. Tocca allo Stato adesso restituire. Un dovere verso un settore che per 100 anni ha fatto molto per lo sviluppo e il progresso del Paese.>>

Aiuti? Diciamolo facile e diretto. Di cosa avete bisogno per “respirare” e salvaguardare l’occupazione?

<< La cassa integrazione straordinaria può essere adeguata per tamponare gli effetti immediati, ma poi serve un piano di ricostruzione di largo respiro, bisogna davvero ripensare tutto. Primo costruire una relazione vera, concreta e di reciproco scambio con lo Stato. Bisogna mettersi dietro un tavolo. Noi fare le proposte, anzi le abbiamo già fatte. Sta ora al Governo vagliarle e dare risposte, discutere, confrontarsi. Chi deve farà un passo indietro. Sino a trovare una strategia condivisa, soddisfacente per tutti che rimetta in moto il settore. Liquidità certo, ma non solo. Strategia condivisa. Non è possibile che la nostra voce non sia mai ascoltata. Sono anni che diciamo che serve una fiscalità equa per l’auto, armonizzata a livello europeo. Nella maggior parte dei Paesi europei l’auto per le aziende sono beni defiscalizzabili, mentre in Italia le detrazioni sono una barzelletta, rispetto i costi. Poi serve liquidità per rimettere in moto i consumi. Non parlo di prestiti che servono relativamente poco in un momento così difficile. Non basta spostare il problema di qualche mese. Serve un aiuto vero per far ripartire il motore dell’automotive. In questi anni si è fatto poco e male. Purtroppo. Perdendo tanto tempo.>>

C’è chi spinge per una riapertura anticipata della produzione. E’ davvero la soluzione o sarebbe più importante avere aiuti dallo Stato? E pensare alla salute pubblica?

<<Prima bisogna che venga ripristinata la salute pubblica. Non si può immaginare una ripresa economica se la gente deve lavorare e muoversi con lo spettro della morte e della malattia. Chi andrebbe al ristorante o in un albergo in un clima così? Chi andrebbe al bar e fare festa? Ristorazione e turismo sono propulsori dell’economia. Per farli ripartire bisogna prima ridare tranquillità alle persone. Non si possono fare passi falsi>>.

Dopo l’emergenza, alla ripartenza sarà possibile mantenere i volumi di mercato previsti dai costruttori?

<<Impossibile immaginare una ripartenza totale e immediata. Il settore dell’automotive subirà un ritardo di almeno un anno. Chi penserà a cambiare l’auto nei prossimi mesi? Pochi. Bisogna essere realisti: qui tutto verrà rimandato, dall’acquisto della vettura nuova o usata, ai tagliandi e alla manutenzione non strettamente necessaria. In questo momento abbiamo le officine aperte per rispondere alle necessità di chi oggi deve contare su una mobilità garantita: lavoriamo sulle urgenze, sulle auto sostitutive. Aiutiamo i lavoratori dei servizi essenziali, i volontari e gli Enti in campo che lottano contro il virus: abbiamo dato vetture in comodato, donazioni e solidarietà sotto forma di varie azioni. Ma anche il settore del post vendita è congelato. Per questo serve una strategia per rimettere in moto i consumi nel nostro settore. Il Governo deve capire che servono azioni che diano sostenibilità al Paese. Le grandi aziende versano oltre 400 miliardi di tasse, devono anche lavorare per continuare a farlo. Non bisogna ragionare solo in termini di contabilità e fiscalità. Con dilazioni e prestiti. Serve anche una equa distribuzione degli aiuti sia alle PMI sia alle grandi aziende. Autotorino conta 52 concessionarie con circa 35 dipendenti per ciascuna e oltre 300 persone in back office. Dobbiamo sopravvivere tutti, piccoli e grandi, nel settore della vendita di automobile in 10 anni ci sono già state troppe contrazioni, troppe chiusure e non si tratta sempre di cattiva gestione, ma anche di una sofferenza strutturale prolungata>>

Secondo lei tutto questo ci insegnerà a rivedere le logiche che hanno guidato l’economia in questi anni. L’eccesso di produzione dovrà essere tagliato? Ci sarà una svolta più volte invocata?

<<Non sono mai stato un fan di Marchionne, ma devo ammettere che quando lanciava l’allarme sull’eccessiva produzione aveva solo ragione. Questi numeri che poi le case automobilistiche scaricano sulle concessionarie sono insostenibili e adesso sono un’ulteriore problema per la rete di vendita. Il mercato dell’auto zoppica da due anni, ormai, e i numeri quadrano solo perché i concessionari fanno da ammortizzatori tra la produzione e il cliente. Con i km 0 assorbiamo gli eccessi di produzione, parliamo anche di 300mila vetture l’anno. Con questi numeri eravamo già a fondo corsa prima di questa emergenza… capisco gli interessi di tutti ma forse una riflessione sui volumi di produzione va fatta.>>

Quanto potrebbe durare la fase stagnante dell’economia nel nostro settore dopo l’emergenza?

<<Troppo tempo se non sarà messo in atto un piano attento e condiviso. Attenzione che non accada quello che è successo con gli incentivi per le auto green. Andare in quella direzione è giusto, ma va fatto con razionalità. Abbiamo milioni di auto vecchie e inquinanti sulle strade. Gli incentivi vanno usati per il ricambio del parco: una parte per le auto elettriche e ibride ma anche per quelle ‘tradizionali’ con motori di ultima tecnologia, dalle emissioni davvero contenute. Così si potrebbe davvero mettere in atto un ricambio del parco. Nella gestione di questi incentivi avevamo fatto le nostre proposte, sono state ascoltate ma non sono state messe in atto e chi ne aveva capito la utilità purtroppo non era nella stanza dei bottoni. Così una buona occasione per creare lavoro e aiutare l’ambiente è andata a naufragare nei piccoli numeri dell’elettrico>>.

Ci sarà una via di uscita?

<<Si se come detto saranno messe in campo strategie condivise, se verremo ascoltati e se davvero verranno usati in maniera corretta i soldi. Dobbiamo essere propositivi per nuove regole, per costruire un nuovo sistema, con soluzioni che vadano bene per tutti. Se servisse bisognerà essere tutti capaci di fare un passo indietro. Bisogna iniziare a lavorare ora al dopo e, frattanto, spegnere il contagio e ripristinare il senso di sicurezza nella gente>>.

 

CHI E’ PLINIO VANINI

L’impegno imprenditoriale di Plinio Vanini inizia nel 1985 quando, all’improvvisa scomparsa del padre Arrigo, assume poco più che ventenne le redini dell’azienda di famiglia: Autotorino, allora salone con officina in Morbegno. Un passo che lo porta a lasciare sullo sfondo la sua grande passione per l’allevamento, cui stava ispirando le sue scelte di vita. Da allora prende forma non solo l’affermazione sul mercato del Gruppo Autotorino, cresciuto con un modello estremamente personalizzato d’offerta, dalla proposta multi-brand sino a quella di molteplici servizi per la mobilità, fino ad essere leader italiano del settore dal 2015, ruolo consolidato nel 2019 con la fusione con il Gruppo friulano Autostar, ma anche una visione che concretizza la missione dell’azienda nell’impegno per il territorio e per le persone. Se da un lato il Gruppo Autotorino ha mantenuto il centro direzionale in Valtellina, le sue oltre 50 filiali sono altrettante aziende trainanti anche in termini occupazionali per i rispettivi contesti operativi, in 20 province tra Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna Veneto e Friuli-Venezia Giulia. Tra i tratti distintivi del Gruppo Autotorino, una visione orientata alla qualità ed all’innovazione dei modelli organizzativi e dei servizi offerti al pubblico, supportata da costanti investimenti in formazione, ricerca e sviluppo: un percorso che è valso ad Autotorino per 3 volte il premio nazionale per l’Innovazione Gestionale dalla giuria dell’Automotive Dealer Day. Dato che cresce, tra il 2009 ed il 2019, a 5 se sommato ai premi attribuiti ad Autostar, a testimoniare l’organicità delle culture nel percorso intrapreso. A Marzo 2019 Assolombarda, Università Luiss e CERVED assegnano per il secondo anno consecutivo ad Autotorino il Premio Industria Felix, tra le aziende lombarde più performanti e solide. Con il tempo si è anche compiuto il sogno di Plinio Vanini: La Fiorida. Da un allevamento concepito con il massimo rispetto del benessere dell’animale quale cardine della qualità alimentare, è nata a piccoli passi un’azienda agricola modernamente concepita, divenuta volano per l’ospitalità, per la ristorazione (con una Stella Michelin attribuita dal 2013) e per la filiera agro-alimentare locale. Ambito, questo, nel quale Vanini ha mantenuto la guida dell’Associazione Provinciale Allevatori dal 2005 per oltre un lustro, contribuendo alla crescita del settore, attraverso la modernizzazione della gestione della filiera, la motivazione di nuove generazioni ed un clima di virtuosa collaborazione. In questo periodo sono stati ripetutamente incoronati capi di APA Sondrio quali campionesse nazionali del Registro Italiano Razza Bruna.

a cura di Renato Dainotto